Kenissi: la Manifattura Segreta

Se c’è una parola che riecheggia spesso nei corridoi meno illuminati dell’orologeria contemporanea, quella parola è: Kenissi. Non si tratta di un marchio da vetrina, non troverete il suo nome inciso sul quadrante di nessun orologio, eppure oggi è uno dei protagonisti più influenti del dietro le quinte della meccanica svizzera. Kenissi è la manifattura che non ti aspetti, e ve la racconto in questo articolo.

La visione di Tudor e Rolex
Per raccontare la storia di Kenissi bisogna partire da una delle dicotomie più intriganti del mondo orologiero: quella tra Rolex e Tudor. Due marchi fratelli, due filosofie apparentemente distinte ma legate da un cordone tecnico e strategico indissolubile. Tudor nasce nel 1926 su iniziativa di Hans Wilsdorf, fondatore di Rolex, con l’idea di offrire orologi affidabili e solidi a un prezzo più accessibile. Ma Tudor, per molti decenni, ha vissuto all’ombra della casa madre, delegando la produzione dei movimenti a fornitori esterni (principalmente ETA) e concentrandosi – solo dopo aver praticamente usato casse e bracciali Rolex – su un design proprietario (e nemmeno sempre).

Il grande turning point avviene nel 2015. Dopo il successo crescente della linea Black Bay e l’ascesa dell’identità Tudor come marchio indipendente e apprezzato, arriva il primo movimento di manifattura: il calibro MT5621. Ed è qui che entra in scena Kenissi, con un progetto che era partito già nel 2010.

Kenissi: estensione di Tudor o manifattura indipendente?
Kenissi non è semplicemente un fornitore: è l’estensione produttiva di Tudor, una costola della galassia Rolex, pensata per dare forma a un’idea radicale e moderna di manifattura. Non si tratta solo di produrre in casa, ma di offrire a sé stessi – e ad altri marchi selezionati, evidentemente per abbattere i costi – movimenti automatici di alta affidabilità, certificati COSC e da ultimo METAS, con riserve di carica estese, adatti a un orologio moderno, tecnico, robusto. Il progetto Kenissi nasce nel 2010 con sede a Ginevra, ma presto i piani si allargano. Nel 2021 viene annunciata la costruzione della nuova sede a Le Locle, accanto agli stabilimenti Tudor (in realtà sono praticamente lo stesso edifico) in collaborazione con Chanel – sì, proprio la maison francese – che dal 2018 detiene il 20% di Kenissi. Il restante 80% resta in mani “molto vicine” a Tudor, anche se la struttura societaria non viene ufficialmente resa pubblica. La scelta di Le Locle, culla storica dell’orologeria svizzera, non è casuale: è un messaggio forte, quasi un manifesto. Kenissi non è un sottoprodotto, è una manifattura vera, con ambizioni industriali solide.

La forza di Kenissi sta anche – paradossalmente – nella sua discrezione. Non fa pubblicità, non partecipa a fiere. Eppure, i suoi calibri battono dentro alcuni degli orologi più interessanti e discussi degli ultimi anni. Tudor, ovviamente, è il principale beneficiario: i movimenti MT5402, MT5612, MT5652 (quest’ultimo con funzione GMT) sono tutti sviluppati da Kenissi e rappresentano un salto di qualità evidente rispetto ai vecchi ETA.
Ma il marchio ginevrino non è l’unico cliente. Tra gli altri partner noti ci sono anche:
- Norqain, giovane brand svizzero che si è ritagliato uno spazio nel segmento sportivo con un’identità ben definita. Il calibro NN20/1 usato da Norqain non è altro che una versione ribattezzata del movimento Kenissi.
- Breitling, che per alcuni modelli automatici ha collaborato con Kenissi (ricordiamo che c’è uno storico scambio: Tudor utilizza ancora in parte il cronografo B01 di Breitling per i suoi Black Bay Chrono, mentre Breitling si affida a Kenissi per movimenti tre lancette).
- Chanel, che non solo detiene una quota di Kenissi, ma ha introdotto movimenti Kenissi nei modelli Monsieur e J12.
- Bell&Ross, che ha introdotto il calibro Kenissi ribatezzato BR-Cal 323 sul suo nuovo BR-X5 con secondina a ore 9.
- Fortis, che utilizza il movimento True GMT Werk 13 sviluppato in collaborazione con Kenissi.
- TAG Heuer, che ha aggiornato la propria linea Aquaracer con i nuovi calibri TH30-00 COSC sviluppati da Kenissi.
E c’è da scommettere che in futuro altri nomi si aggiungeranno, perché la qualità offerta da Kenissi è tale da permettere ai brand di fascia alta di svincolarsi dalla dipendenza da ETA o Sellita, ottenendo movimenti di manifattura, moderni, affidabili e non troppo costosi.

Dal punto di vista tecnico, infatti, i calibri Kenissi si distinguono per alcune caratteristiche chiave:
- Riserva di carica di circa 70 ore, un valore che poche manifatture garantiscono, se non a costi nettamente maggiori.
- Certificazione COSC o METAS, a garanzia della precisione.
- Costruzione robusta, con ponti larghi e architettura modulare, pensata per facilitare manutenzione e riparazioni.
- Frequenza a 28.800 alternanze/ora.
- Bilanciere con molle del bilanciere in silicio nei modelli più recenti (una concessione alla modernità tecnologica). Sì, basta demonizzare il silicio: è progresso!
Manifattura? Cos’è?
La nascita e l’ascesa di Kenissi pongono una domanda interessante: cosa significa oggi “manifattura”? Fino a qualche anno fa, il concetto di “in-house movement” era visto come il sacro Graal: un marchio che costruisce il proprio calibro, tutto in casa, è un marchio maturo, superiore, elitario.
Kenissi è una manifattura terza, figlia del know-how di Rolex e Tudor, che ha in parte ribaltato questa logica, dimostrando che è possibile esternalizzare la produzione mantenendo tuttavia standard qualitativi elevati degni di quelle manifatture elitarie che abbiamo sempre concepito come riservate a pochi marchi dai listini improponibili. Oggi, un orologio dagli ottimi contenuti tecnici e dagli standard elevatissimi lo si può acquistare a partire da circa 3.000€, grazie a Kenissi.

Certo, per i marchi che acquistano questi nuovi calibri da Kenissi non si potrà parlare di “vera” manifattura, ma ehi, non era vera manifattura neanche prima, e i listini non erano poi così diversi!
E Tudor? Beh, Kenissi è un progetto Tudor dal 2010, viene creata da Tudor (comprensibilmente con il know-how di Rolex), è negli stabilimenti Tudor e solo dopo entrano in gioco Breitling e Chanel, oltre a iniziare la vendita anche a brand terzi.
Kenissi dunque la si può sicuramente intendere come “manifattura Tudor”, con la consapevole scelta di ammortizzarne i costi aprendo anche ad altri marchi con lo scopo di migliorare i propri contenuti tecnici dal Black Bay in poi, ma senza rinunciare a listini “democratici”.

Dici poco.
Come appassionato, credo di provare un misto di ammirazione e curiosità per Kenissi. Ammirazione per la capacità di creare da zero una manifattura vera, efficiente, con un’identità forte e contenuti di altissimo livello. Curiosità perché, nonostante questo progetto avrebbe potuto essere il nuovo “tesoro” di Tudor, l’azienda ha deciso di collaborare, di sperimentare e unire le forze in una sinergia tra brand che forse noi stessi non avremmo neppure immaginato.

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