Tecnica o Eleganza? Professionali o Classici di Forma?

Negli ultimi decenni, il mondo dell’orologeria è stato dominato in modo schiacciante dagli orologi sportivi in acciaio, robusti, resistenti e dotati di una forte personalità. È stato un vero e proprio cambio culturale, iniziato intorno agli anni ‘50 con la diffusione degli orologi professionali pensati per piloti, esploratori e subacquei, fino ad allora nicchia ristretta di un settore prevalentemente orientato all’eleganza del dress watch. Milioni di appassionati hanno iniziato a preferire un Daytona a un Calatrava, un Submariner a un Patrimony. Peerché?


Una delle ragioni principali è sicuramente legata al cambiamento dello stile di vita e della moda stessa. Dal dopoguerra in poi, il concetto di eleganza formale, spesso associato a materiali preziosi come oro e platino, ha iniziato a essere percepito da molti come eccessivamente classico, quasi distante dalla realtà quotidiana fatta di attività dinamiche, informalità e praticità. L’acciaio, resistente e democratico, ha cominciato a incarnare il simbolo di una nuova modernità, più pragmatica e funzionale. Gli orologi sportivi, oltre alla loro funzione tecnica, rappresentavano anche un modo di comunicare una personalità attiva, indipendente e al passo con i tempi. E questa evoluzione ha interessato anche il marketing, spingendo i brand a raccontare storie di conquista e sfida associate ai propri orologi professionali.

Pensiamo ad esempio al fascino delle storie legate a modelli iconici: lo Speedmaster sulla Luna, l’Explorer sulla vetta dell’Everest, il Fifty Fathoms negli abissi marini. Gli orologi professionali diventavano così più di semplici strumenti; diventavano simboli di avventura, coraggio e sfida personale, valori universali che non conoscono crisi. Il risultato è stato un progressivo e implacabile dominio commerciale e culturale dei cosiddetti “tool watch”. Non sorprende che per decenni i collezionisti abbiano puntato tutto su questi modelli, facendone veri e propri oggetti di culto, desiderati anche da chi di immersioni o voli supersonici non ne ha mai fatti.

Eppure, negli ultimi tempi qualcosa pare stia cambiando velocemente. Da circa un anno, il mercato dell’alta orologeria e anche quello più dinamico dei microbrands sta mostrando un crescente ritorno di interesse per gli orologi eleganti, classici e di forma, spesso caratterizzati da quadranti realizzati in pietra o materiali preziosi. E non si tratta di un fenomeno isolato, ma di un segnale tangibile e crescente che rivela una nuova sensibilità tra gli appassionati più informati, raffinati e sofisticati. È come se, dopo l’ubriacatura della sportività estrema, ci si fosse risvegliati con una sete nuova: quella della discrezione, della finezza, della bellezza sottile e understate.
Quello che sembra emergere è una sorta di saturazione del mercato nei confronti degli sportivi in acciaio. Oggi, l’appassionato medio possiede già almeno un modello sportivo iconico e cerca qualcosa di differente, esclusivo, capace di distinguersi dalla massa. Gli orologi classici, con le loro forme eleganti, il fascino discreto e la possibilità di esplorare materiali e finiture più esclusive, offrono un’alternativa naturale a chi desidera andare “oltre”. Un esempio emblematico di questa tendenza è il ritorno alla forma tonneau o rettangolare, che evoca immediatamente un senso di raffinata distinzione. Marchi storici come Cartier stanno riscoprendo un successo straordinario con modelli iconici come il Tank o il Santos. Anche case di alta orologeria indipendente, come Laurent Ferrier, F.P. Journe e Czapek, si stanno imponendo con orologi che abbracciano apertamente il concetto di eleganza classica, sfruttando materiali preziosi come oro rosa, platino e pietre rare, e investendo in finiture manuali di altissimo livello.


Parallelamente, anche i microbrands stanno cavalcando questa onda di ritorno all’eleganza classica. Lontani dalla pressione commerciale delle grandi case, esplorano con più libertà il fascino delle casse eleganti e dei quadranti preziosi. Marchi come Baltic e Ming rappresentano esempi perfetti di come sia possibile realizzare orologi eleganti, originali e accessibili, mantenendo un’identità fortemente legata al classico, con quadranti smaltati, pietre semi-preziose e finiture artigianali tradizionali. Molti hanno riscoperto il piacere di possedere oggetti che trascendono il puro utilizzo quotidiano per diventare simboli di cura, attenzione ai dettagli e apprezzamento per la bellezza. Questo ha spinto molti appassionati a riconsiderare l’acquisto di orologi eleganti come espressione di un ritorno ai valori fondamentali della qualità e della raffinatezza.


Anche il collezionismo stesso si è evoluto. Se un tempo collezionare significava accumulare orologi e seguire i trend, le referenze cosiddette “hot”, oggi si è diffusa una tendenza diversa: costruire una collezione come un racconto, un percorso, un’identità. E di questo non possono che essere complici anche i social, con i loro pregi e difetti. In questa nuova filosofia, più consapevole, indossare un classico significa affermare che si è liberi dai cliché, che si apprezza l’armonia delle proporzioni e l’esclusività del segnatempo diverso dai soliti.
Questo cambio di rotta sembra riflettere un desiderio diffuso di tornare a celebrare l’orologeria come forma d’arte, di prestigio, di eleganza, non solo come mero status symbol. Qualcosa con cui distinguersi e affermare la propria passione. Quasi come l’espressione di un lusso più maturo, ma non certo anagraficamente.
Forse, più che una vera e propria inversione di tendenza, si tratta di un semplice riequilibrio del mercato. L’orologio sportivo continuerà certamente a mantenere una posizione di forza e popolarità, ma ora gli appassionati possono riscoprire il piacere di indossare anche un orologio elegante, senza sentirsi fuori luogo o fuori moda.
La varietà, in fondo, è ciò che tiene viva la passione per i nostri orologi: “nel momento in cui la moda permette di avere un professionale al polso anche in situazioni formali (iniziò proprio 007) per i dress sembravano essere tempi duri. Troppo poco moderni, soprattutto nelle caratteristiche di resistenza e impermeabilità. Colpa della vita frenetica? Forse no, forse i classici di forma ci salveranno!”.

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